28 Settembre 2024
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La musica di Radio Shadowzone tra presente e passato
Il fenomeno punk nella subcultura giovanile
Gli anni 70 sono stati una decade di grande fermento musicale. Se da un lato il rock stava vivendo una sua evoluzione in chiave “hard and heavy” sulla scia dei primi segnali di ribellione giovanile provenienti dai decenni precedenti, altre nuove forme “alternative” stavano prendendo piede parallelamente tra Stati Uniti e Regno Unito, partendo dal glam come matrice comune.
Negli U.S.A. a tener banco era il punk rock dei Ramones, l’irriverenza dei New York Dolls e le nuove proposte musicali di Blondie, Devo o Talking Heads, in Terra d’Albione, invece, andava prendendo piede un nuovo fenomeno di aggregazione tra i giovani della middle-class: il fenomeno Punk.
Nel 1971, sul retro del Paradise Garage, boutique al 430 di King’s Road, Malcom McLaren e un suo compagno d’accademia mettono in piedi una bancarella in cui smerciano oggetti per collezionisti di rock ‘n’ roll: vinili, magliette e poster. L’idea funziona, e il primo cambio di nome fu Let It Rock.
Nel 1973 Malcom McLaren e la sua socia e creatrice di abiti Vivienne Westwood si presentano a New York per l’esposizione dei loro capi di abbigliamento presso la National Boutique. Durante la permanenza in città entrano in contatto con i New York Dolls e la scena artistica della città, tra cui Patti Smith e Andy Warhol.
Mc Laren resta da subito infatuato dallo stile dei New York Dolls, molto differente da quello retrò del Let It Rock (che nel frattempo aveva cambiato nuovamente nome in Too Fast To Live, Too Young To Die) e insieme alla Westwood ripensano la loro boutique.
Nel 1974 il negozio assumerà il definitivo nome Sex, caratterizzato da un’insegna rosa shocking, gettando le basi per quella che diventerà il fenomeno punk, fatto di provocazioni e costanti sfide ai tabù e pregiudizi della società contemporanea. Il negozio diventò ben presto il quartier generale dei Sex Pistols, il cui nome, secondo McLaren, aveva proprio lo scopo di promuovere il negozio stesso.
Testimonianze della scena punk e new wave inglese
Seppur di non facile reperibilità, esistono numerosi filmati, documentari o pellicole vere e proprie che ripercorrono quel che è stata la stagione del punk e della successiva new wave e dell’impatto che hanno avuto non solo in ambito musicale, ma anche nel mondo dell’arte a più ampio raggio.
La prima pellicola che racconta la scena inglese del 1976/77 è stato Punk rock movie, documentario che ha aperto una trilogia realizzata da Don Letts, storico dj del Roxy Club, seguita da The Clash: westway to the world, dedicata alla storica band londinese e conclusa con Punk: attitude del 2005, in cui l’attenzione si allarga sulla scena hardcore.
Per quanto riguarda il fenomeno punk delle origini, altri celebri documentari sono The great rock ‘n’ roll swindle e The filth & the fury entrambi di Julien Temple, Punk in London del regista tedesco Wolfgang Buld e ambientato nel contesto amaricano e il reportage di Penelope Spheeris, The decline of western civilization.
Oltre alla musica, anche la grafica e il design sono state discipline artistiche di fondamentale importanza per l’impatto mediatico e pubblicitario del punk e della new wave.
Una delle immagini più iconiche resta quella della Regina Elisabetta utilizzata per il singolo di God Save the Queen da Jamie Reid, le cui provocazioni in grafica sono continuate con l’immagine della Union Flag strappata, utilizzata per il singolo di Anarchy in the U.K. e i manifesti pubblicitari per la promozione del documentario The great rock ‘n’ roll swindle.
Nel 2002 è stato realizzato il film 24 Hour Party People, incentrato sulla scena musicale di Manchester che, a partire da Joy Division e Buzzcocks, nel giro di pochi anni diviene un importante punto di riferimento per il brit rock grazie a band come Charlatans, Happy Mondays, New Order (dalle ceneri proprio dei Joy Division) e Stone Roses.
Impossibile parlare della scena “Madchester” senza accendere un faro su un personaggio chiave come Tony Wilson, cosa che 24 Hour Party People fa puntualmente.
Tony Wilson, già proprietario della Factory Records, ha consolidato il suo ruolo nella scena musicale di Manchester per via della collaborazione con il produttore Martin Hannett e la fondazione del Fac 51 Haçienda, storico locale aperto nel 1982, che ha rappresentato il club di riferimento per il brit rock e il postpunk di quegli anni.

Il fenomeno della New Wave in Italia
In Europa l’esplosione della new wave non è stato un fenomeno circoscritto al Regno Unito, ma è la nuova corrente musicale è andata prendendo piede anche in tanti altri Paesi.
L’Italia non ha fatto eccezione e se il punk del ’77 è stata la scintilla, tutto ciò che ne è derivato è stata un’onda d’urto che ha generato un macrocosmo di stili differenti, accomunati da una parola d’ordine ben precisa: sperimentazione.
Come nel Regno Unito, dalle ceneri della prima onda punk si è andata sviluppando una scena molto eterogenea tra nuove contaminazioni elettroniche, sperimentazioni industriali, look eccentrici e stravaganti ispirati agli alter-ego di David Bowie, anche in Italia, dopo i virtuosismi del prog, il cantautorato più o meno impegnato e tutta una serie di contesti giovanili politicizzati, durante gli anni 80 è esplosa una voglia di novità e di rottura con il passato e per dirla alla maniera dei Flu-On, la new wave ha ottimamente rappresentato “il nuovo che avanza”.
Seppur rimanendo legata ad un contesto piuttosto di nicchia, la scena new wave si è mantenuta molto vivace, tra una folta schiera di band che nell’emulazione di ciò che arrivava dall’onda d’urto del postpunk d’oltremanica, hanno ridisegnato una geografia della subcultura alternativa giovanile.
In risposta alla Milano da bere, ecco che Bologna fa da apripista alla rivoluzione punk e postpunk di fine anni 70, passando idealmente il testimone a Firenze che durante il decennio successivo, diviene la capitale conclamata della new wave italiana, culla di band del calibro dei Litfiba, Diaframma, Neon e Pankow.
CROLLO NERVOSO, La New Wave italiana degli anni 80
È il 1977 quando durante il programma televisivo Odeon, tutto quanto fa spettacolo, viene mandato in onda un servizio che racconta il nuovo trend proveniente da Londra: il punk viene sdoganato anche in Italia.
La prima città in cui si è generata una sorta di micro-scena locale è stata Milano, città che ha dato i natali a band storiche come Gags, Mittageisen, Kandeggina, Faust’O (anche se originario di Pordenone) ma soprattutto i Decibel di Enrico Ruggeri che, dopo un paio di dischi con i suoi compagni, ha proseguito la carriera solita, inizialmente orientata verso le sonorità new wave dell’epoca, maggiormente contaminate dall’elettronica.
Un’altra band tra le più rappresentative della new wave italiana sono stati i Krisma, della coppia Maurizio Arceri, già famoso come cantante dei New Dada durante la stagione del beat degli anni Sessanta, e Christina Moser.
Da Milano il fenomeno si è allargato a tante altre realtà locali che hanno visto nascere numerose band, anche se spesso sono rimaste confinate in una dimensione underground come i Dirty Actions di Genova, gli Elektroshock di Roma, i Rats della provincia di Modena, i Great Complotto di Pordenone, i Gaznevada di Bologna, i Neon di Firenze, gli Undergorund Life di Monza...
Durante gli anni Ottanta, sulla scia di quanto accade nella madrepatria Inghilterra, anche in Italia la scena punk delle origini si apre alle nuove sonorità cedendo il passo alle sperimentazioni della new wave e alle contaminazioni del postpunk, creando un sottobosco ricchissimo di band con stili molto variegati.
Le sonorità si fanno più ricercate, a tratti più sofisticate e tra i nuovi artisti che si affacciano sul mercato musicale, spiccano Garbo, il cui stile decadente rimanda agli inglesi Ultravox e Japan, i piacentini Not Moving e Atrox, in equilibrio tra rock n’ roll e punk i primi, più inclini alle sperimentazioni i secondi, e tra i nomi ancora in attività, i Diaframma, più vicini alle sonorità postpunk della scena di Manchester, soprattutto con i primi tre dischi, realizzati con Miro Sassolini alla voce.
Nel 2009 è stato realizzato il documentario Crollo Nervoso, La new wave italiana degli anni 80, che attraverso filmati inediti e interviste ai protagonisti dell’epoca, ripercorre le storie e le avventure musicali che hanno fatto la storia dell’underground italiano degli anni Ottanta.
Il documentario è stato suddiviso in tre parti: le prime due Onde Emiliane e Firenze Sogna, dedicate ai contesti locali come si può facilmente dedurre dai titoli, mentre la terza parte Italia Wiva è un approfondimento della scena italiana più in generale.
Oltre alle band citate precedentemente, il documentario riporta alla memoria numerose band storiche che sono state vere e proprie icone della new wave di quegli anni come Litfiba, Kirlian Camera, Pankow, Neon, Deafear, Limbo, Stupid Set, Central Unit, State Of Art, alcune delle quali attive ancora oggi.
Parte 1 - Onde Emiliane ♫ Parte 2 - Firenze Sogna ♫ Parte 3 - Italia Wiva

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